Affermare i diritti dei minori significa tutelare il diritto dei figli ad avere rapporti costanti ed assidui con entrambi i genitori. PAPA' SEPARATI è un nome scelto con molta attenzione, perché indica la diffusa condizione dei padri, separati dai figli, ostacolati nello svolgere il loro ruolo educativo dei figli minorenni, sia per orientamenti della giurisprudenza, sia per comportamenti escludenti. .
.

Nessun limite d’età al mantenimento dei figli.

(Cassazione 22500/04)

Nemmeno quando hanno un’età più vicina ai 40 anni che ai 30. Il verdetto ha annullato la decisione con la quale la Corte d’appello aveva stabilito che un padre separato, non doveva più pagare l’assegno mensile per il mantenimento delle due figlie maggiorenni, che ormai avevano 34 e 36 anni e vivevano con l’ex moglie senza aver raggiunto l’indipendenza economica.

L’uomo riteneva le figlie “colpevoli” di non avere ancora trovato una occupazione o di aver rifiutato certe opportunità di lavoro. I giudici di secondo grado, vista l’età delle ragazze, gli avevano dato ragione, escludendo che dovesse continuare a versare ogni mese l’assegno per loro.

Ad avviso della Corte d’appello, infatti, esiste "un limite che occorre apporre, sulla base dell’età, per avere il diritto al mantenimento: al di là di questo limite il mantenimento si trasforma in parassitismo".

La Suprema corte non è, però, stata dello stesso parere e ha accolto il ricorso presentato dalla ex moglie. In proposito la Cassazione afferma che "l’obbligo di mantenere i figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, od oltre un dato limite della stessa, ma si protrae fino al momento in cui i figli raggiungono una propria indipendenza economica oppure siano in colpa per non essersi messi in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi un reddito, con una idonea attività lavorativa, o per avere ingiustificatamente rifiutato detta attività".

Il coniuge che ha la casa paga il condominio ma non l’Ici

(Cassazione 03/10/2005 18476/05)

Il coniuge a cui viene assegnata la casa familiare dopo la separazione, ha l'onere di pagare le spese di condominio, mentre l'Ici rimane a carico del coniuge proprietario dell'immobile.

È quanto ha stabilito la I sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza 18476, rigettando il ricorso proposto da Elena M. contro la decisione della corte d'Appello d'appello di Roma.

Nel caso in esame, l'ex marito della donna, Francesco B., aveva chiesto alla donna la restituzione dei soldi da lui anticipati per pagare le spese di condominio e riscaldamento, l'Ici e la tassa di smaltimento rifiuti della casa, che inizialmente le era stata assegnata, ma di cui aveva continuato a disporre anche dopo che il tribunale aveva deciso in senso contrario, dandola all'uomo, che ne era il proprietario.

Mentre il tribunale di primo grado aveva accolto la richiesta di Francesco B., condannando Elena M. al pagamento di tutte le spese, la corte d'Appello aveva invece parzialmente riformato la decisione per quel che riguardava l'Ici, imposta che grava sul proprietario dell'immobile, e non su chi ne ha il solo godimento.

Come hanno scritto i giudici nella sentenza, ''in tema di separazione personale, l'assegnazione della casa coniugale esonera il coniuge assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone per l'uso dell'abitazione, ma non si estende alle spese correlate all'uso, che quindi sono a suo carico''. Se non c'è una previsione esplicita del giudice nell'assegnare queste spese al coniuge obbligato al pagamento del canone, al mantenimento di moglie o dei figli, deve intendersi quindi, concludono gli ermellini, ''che la mancanza di un simile provvedimento, implichi l'accollo delle spese medesime al coniuge assegnatario dell' abitazione''.

Monitoraggio abusi

A seguito dell'ultimo gravissimo fatto di cronaca che ha riguardato la piccola Alice Rossetti barbaramente uccisa dal convivente della madre, nascono due nuovi

Osservatori di monitoraggio:
  • denuncie per abusi figli minori
  • denuncie per violazione del 388 C.P. ( violazione del diritto di visita)
siete tutti chiamati a inviare gli elementi di eventuali denuncie inesitate presentate presso gli organi di polizia giudiziaria e/o Procure (corredate di data di presentazione nonche' sommaria descrizione dei fatti oggetto di denuncia) che riguardano le suddette forme di reato.

Preghiamo di inserire le seguenti notizie:
- data dell'esposto e descrizione sommaria dei fatti in forma anonima (nel forum)
- la copia dei provvedimenti adottati dai magistrati aditi (allegare file jpg) per email o posta
- oggetto del ricorso (allegare file jpg) per email o posta

Forum di raccolta esposti:
Invio email copia elettronica (jpg) dei provvedimenti:
Invia il materiale cartaceo: Chi fosse impossibilitato ad inviare il file potra' inviare il materiale cartaceo presso la sede legale dell'associazione nazionale in Via Francesco Blundo, 54 - 80128. Napoli

Il caso di Ruben Bianchi

 Il bambino Ruben Bianchi (nato il 28.11.99), figlio della madre svizzera (con cittadinanza anche italiana) Hunkeler Lucille e del padre italiano Stefano Bianchi, da due anni è nascosto dalla donna in territorio svizzero o in zone limitrofe. Il piccolo è stato affidato al padre in via esclusiva e definitiva da parte del Tribunale italiano della separazione (Tribunale di Pistoia) anche a seguito di una perizia psicologico-psichiatrica sul bambino e sui genitori.

Come estrema forma di tutela per il minore, il Tribunale per i minorenni di Firenze ha anche decaduto la madre della potestà genitoriale sul figlio. Dalla Procura della Repubblica di Pistoia (Italia) da circa un anno è stato emesso un mandato di cattura internazionale per sequestro di persona nei confronti della donna. La stessa è stata già condannata in modo irrevocabile ad un anno di reclusione senza condizionale per sottrazione di minore da parte del Tribunale di Pescia (PT).
In Svizzera si sono accumulate SETTE sentenze giudiziarie che sanciscono il rimpatrio di Ruben in Italia e la restituzione al padre, l'ultima delle quali da parte del Tribunale Federale di poche settimane or sono (12.04.2006). Il Tribunale Federale già due volte (il 23.04.2003 ed il 15.10.2004) aveva emesso la stessa sentenza. Inoltre dal settembre 2004 è stato spiccato un mandato di cattura internazionale verso la donna per sequestro di persona (Magistratura di Willisau). Tutte queste decisioni difettano di un piccolo ma non trascurabile particolare: l'esecuzione. La Polizia elvetica assiste inerte a questo stato di anarchia. Da due anni una donna nasconde nella civilissima e super controllata Svizzera o in zone limitrofe un bambino piccolo, pur rimanendo comunque in continuo contatto con avvocati, amici e sostenitori. Sicuramente è sostenuta in questa sua azione contro legge da un gruppo di persone ben organizzate che evidentemente agiscono in nome della discriminazione. Addirittura il 19 marzo scorso la madre di Ruben ha rilasciato una intervista ad un giornale di Zurigo (SonntagsBlick) spiegando i "motivi" che la inducono alla latitanza. Esiste anche un sito internet in Svizzera che la appoggia nella sua follia. E’ stato chiaramente da lei affermato che terrà Ruben nascosto ancora dieci anni, se sarà necessario.

Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo si sta occupando della vicenda dietro istanza del padre del minore. Il 4 ottobre 2005 ha emesso una prima sentenza in cui viene accolto il procedimento ravvisandosi in quanto sta accadendo una grave lesione da parte della Svizzera dei diritti di Ruben e del suo genitore Stefano Bianchi.

Dall’ agosto 2004 un minore di sei anni è costretto ad una vita di latitanza e senza alcun rapporto con suo padre, genitore affidatario. Lo stesso padre non sa più se suo figlio è vivo o è morto e in che condizioni vive. Accadrebbe la stessa cosa se fosse il padre italiano piuttosto che la madre svizzera a esercitare questa folle violenza su suo figlio? Per quanto tempo ancora sarà permessa questo aberrante stato di reclusione ad un bambino?

Stefano Bianchi nell’agosto 2004 ha svolto una manifestazione di protesta davanti all’ Ambasciata svizzera a Roma, incatenandosi e compiendo uno sciopero della fame che è durato 12 giorni, quando è stato costretto al ricovero in Ospedale. Non ha mai interrotto le ricerche di suo figlio e la sensibilizzazione delle istituzioni, svizzere ed italiane, a porre fine questa vergogna che si compie ai danni della salute psico-fisica di suo figlio. Ha partecipato a numerosi programmi televisivi ed a manifestato anche a Lucerna: per adesso tutto è risultato inutile.

Sul sito della polizia di Lucerna ci sono i dati e le fotografie (in tedesco) eventualmente utili per rintracciare lui o la madre.

Sito della polizia di Lucerna

Accertamento paternita'

LA MADRE NON DEVE NECESSARIAMENTE PARTECIPARE AL GIUDIZIO DI ACCERTAMENTO DELLA PATERNITA' NATURALE

(Cassazione Sezione Prima Civile n. 12187 del 1° dicembre 1997).

Ai sensi dell'art. 276 c.c, la legittimazione passiva nell'azione di dichiarazione giudiziale della paternità o maternità naturale spetta esclusivamente al presunto genitore o ai suoi eredi, salva la facoltà di "contraddire" per chiunque vi abbia interesse.

I1 rapporto di filiazione naturale risulta cioè strutturato separatamente con riguardo a ciascuno dei genitori naturali individualmente, senza che sia previsto il litisconsorzio necessario dell'altro genitore e, in particolare, della madre, nell'azione per la paternità naturale.

La madre, esclusa la qualità di contraddittore necessario, ha soltanto la facoltà di intervenire, come chiunque vi abbia interesse, ai sensi dell’art. 276 cpv. cod. civ. (Cass. 5340/89; 3143/94).

Ciò in quanto la dichiarazione giudiziale di paternità fa stato esclusivamente nei confronti del padre naturale, mentre l'identità della madre si pone, nell'ambito di tale giudizio, come un accertamento di fatto, che può pertanto essere compiuto anche in via incidentale.

Nel giudizio di paternità naturale, lo "status" di figlio viene accertato soltanto nei rapporti padre-figlio, ma non nei rapporti madre-figlio, anche se l'identità della madre, se non nota, deve necessariamente formare oggetto di accertamento: accertamento peraltro solo di fatto, e non di stato, e quindi effettuabile anche in via incidentale (Cassazione Sezione Prima Civile n. 12187 del 1° dicembre 1997).

Ultimo aggiornamento ( sabato 15 luglio 2006 )

La Cassazione condanna padre per molestie

Carabiniere con citofonoUn padre separato, che voleva vedere il suo bimbo, ritenuto colpevole di ''provocare disturbo in luogo pubblico''. Nell'appartamento vive anche il nuovo compagno della donna.

Cassazione: attaccarsi' al campanello dell'ex moglie è molestia.

Roma, 13 mag. – Tempi duri per i padri separati. Una nuova sentenza della Cassazione infatti ha condannato un papà per il reato di molestie, perché l’uomo, pur di vedere il figlio, si era attaccato ripetutamente al citofono della casa della ex moglie ''suonando in modo continuo''. E per questo motivo i giudici di piazza Cavour lo hanno condannato in base all’articolo 660 del codice penale.

I fatti risalgono al febbraio del 2003 e riguardano una coppia separata di Firenze. Vincenzo T., 48 anni era andato presso l’appartamento della ex moglie Daniela L., dove la donna vive con il nuovo compagno per ''prelevare e tenere con sé quella giornata il figlio Luca''. Di fronte però al rifiuto della donna, Vincenzo ''aveva azionato il campanello in modo continuo, per circa cinque-dieci minuti'' senza ottenere il risultato sperato. E così aveva fatto il giorno seguente, tanto che la donna dapprima aveva chiesto l’intervento delle forze dell’ordine e poi l'aveva denunciato. Nel febbraio di due anni dopo la prima sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Firenze che aveva assolto l’uomo dal reato di molestie ''perché il fatto (attaccarsi al citofono, ndr) non è previsto dalla legge come reato''.

Naturalmente l’ex moglie con il nuovo compagno mal hanno digerito la decisione del Tribunale di Firenze e si sono rivolti alla Cassazione, chiedendo la condanna per molestie dell’ex marito. Ricorso che la Prima sezione penale ha accolto, facendo presente che il reato che punisce le molestie ''sussiste tanto nel luogo in cui l’agente si trovi in luogo pubblico o aperto al pubblico e il soggetto passivo in luogo privato, quanto nell’ipotesi in cui la molestia venga arrecata da un luogo privato nei confronti di chi si trovi in un luogo pubblico o aperto al pubblico''.

Nessuna attenuante è stata concessa al papà rispetto al motivo che lo aveva indotto ad ‘attaccarsi’ al campanello, cioè la volontà di prelevare il figlio. La Suprema Corte, con sentenza 15026, ha evidenziato infatti che il gesto fatto con ''coscienza e volontà'' aveva un unico fine: ''provocare il disturbo in luogo pubblico'' attraverso ''l’uso del citofono, mezzo di comunicazione analogo al telefono''.

Pertanto, sulla base di questo principio, la Cassazione ha annullato l’assoluzione accordata al padre separato, disponendo che sia ora la Corte d’Appello di Firenze a ripronunciarsi sul reato di molestie ''uniformandosi al principio di diritto esposto''.

LA MORTE DI ALICE = TRAGEDIA ANNUNCIATA

LA MORTE DI ALICE = TRAGEDIA ANNUNCIATA

COMUNICATO STAMPA FIGLINEGATI

Con orrore e sgomento, apprendiamo dai quotidiani di oggi i particolari della morte della piccola Alice massacrata di botte dal convivente della sua ex moglie.

Come in un film già visto migliaia di volte, la madre nasconde la figlia al padre nella completa indifferenza delle Istituzioni.

Le denunce del padre, come le aspirine contro il cancro, inutili.

VERGOGNA... SIAMO UN PAESE DI PONZIO PILATO CHE SI LAVA LE MANI DI FRONTE AL RAPIMENTO IMPUNITO DEI FIGLI DA PARTE DI UNO DEI DUE GENITORI DOPO LA SEPARAZIONE.

Se ci fosse una legge severa e immediata che reprimesse questi abusi commessi dai genitori rapitori si eviterebbero migliaia di tragedie.

In Italia, si continua a morire di separazione per i figli contesi.

Al papà, Massimo Rossetti, esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
A questo papà, che ha combattuto invano, contro tutto e contro tutti, per continuare a fare il papà di sua figlia, vadano le scuse e il risarcimento di uno Stato latitante e indifferente, unico responsabile del ruolo di "serie b" assegnato al padre dopo la separazione.

Chiediamo alle autorità competenti di accertare tutte le responsabilità, dirette e indirette, della sua ex moglie e di tutti coloro che non hanno impedito questa tragedia annunciata.

Facciamo un appello a tutti i mezzi di nformazione perchè continuino ad occuparsi di questa problematica dei figli negati che esplode più che mai in questi giorni di vacanze estive.

Con vivo dolore chiediamo la pubblicazione di questo comunicato.

Roma 7 luglio 2006

dott. Giorgio Ceccarelli
Presidente ass. Figli Negati
Fondatore Armata dei Padri
(movimento pacifista per i diritti dei figli dei separati)

www.figlinegati.it
Cell. 339 - 2753088

Il MESSAGGERO di Giovedi 06/07/2006

Il MESSAGGERO di Venerdi 07/07/2006

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Venerdì 7 Luglio 2006

Ascoltato in Procura insieme alla madre della bimba di 5 anni morta al Labaro.
La donna: «Era strana, l’avevamo portata da un santone»
«L’hanno ammazzata di botte, devono pagare»

Parla il papà di Alice:

«Non me l’hanno fatta vedere per due mesi, almeno fatemi fare il suo funerale»

di VALENTINA ERRANTE e PAOLA VUOLO // iL mESSAGGERI

I pianti e i capricci di Alice non erano uguali a quelli di tutti i bambini del mondo.
Per la madre e per l’uomo che la bimba di 5 anni chiamava papà, Alice era una specie di indemoniata.
Viviana Di Laura racconta anche questo.
Interrogata per un’ora dal pm Caterina Caputo ieri ha detto di «essere soggiogata psicologicamente dal compagno e di non avere salvato Alice per paura».
E ha aggiunto «Mauro Bronchi mi aveva convinto che il male si stava impossessando di mia figlia.
L’abbiamo portata anche da un santone, una volta sola, volevamo farla esorcizzare e guarire, ma Alice ha continuato a piangere sempre».

Alice è stata uccisa dalla superstizione.

E mentre la madre e il nuovo papà la portavano dal santone, Massimo Rossetti, il papà di Alice, presentava esposti, perché non riusciva più a vedere la figlia.

Adesso non ha la forza di parlare.

«Me l'hanno ammazzata di botte e ora devono pagare».

Massimo Rossetti, non si rassegna all’idea che la sua bambina sia morta per le botte del compagno della madre.
Si presenta in procura per chiedere giustizia, piange davanti al procuratore aggiunto Italo Ormanni.
Perché che qualcosa non andasse bene Rossetti lo aveva capito.
E aveva presentato anche un esposto chiedendo all’autorità giudiziaria di intervenire per consentirgli di incontrare la sua bambina.
Mauro Bronchi, il compagno della mamma di Alice, è in carcere per omicidio volontario.
Rossetti, 40 anni, accompagnato a piazzale Clodio dall’avvocato Alessandra Pomponi Tomei, parla tramite il legale.

Cosa era accaduto negli ultimi mesi?

«Non riuscivo più a vedere Alice, né a parlarle al telefono.
Non la incontravo da quando la mia ex compagna conviveva con quell'uomo.
Per questo avevo presentato un esposto.
Avevo parlato di questa situazione a un amico che lavora nella polizia.
Ero preoccupato per lei.
E il 13 giugno fu lui a consigliarmi di chiamare il 113».

Cosa accadde?

« Una volante arrivò in via Magnano Riviera.
I poliziotti bussarono alla porta.
Intravidero soltanto Viviana con un occhio pesto.
Gli fu detto che Alice dormiva.
Io aspettavo per strada».

E cosa ha fatto allora?

«Il 20 giugno sono andato dai carabinieri.
Ma alla caserma di viale Asia mi consigliarono di riflettere e non depositare la denuncia, rischiavo una controdenuncia per calunnia.
Il giorno dopo ho presentato un esposto in Procura.
Esprimevo la mia preoccupazione: da tempo cercavo inutilmente di vedere la figlia.
Il comportamento della mia ex compagna era mutato.
Era sparita, non si sapeva neppure dove abitasse.
Chiedevo un intervento per incontrare la bambina».

Prima aveva buoni rapporti con la sua ex compagna?

«La relazione era iniziata nel 2000 e finita l'anno dopo.
Fin quando Viviana non ha iniziato a frequentare Bronchi, circa due mesi fa, non c’erano problemi.
Poi sono nate le incomprensioni, anche se ho continuato ad avere buoni rapporti con i genitori di Viviana.
Neppure loro, dall'inizio di quella relazione, riuscivano ad avere contatti con Alice.
Una situazione che ha fatto nascere dei sospetti.
Una sorta di sesto senso».

Ma davvero non è riuscito neppure a organizzare il funerale della bambina?

« Ieri mattina sono andato al Gemelli per chiedere il nulla osta.
Ma, beffa delle beffe, ci hanno risposto che era già stato concesso.
E i funerali già organizzati dalla gente di Borgata Finocchio che si è tassata per dare l’ultimo saluto ad Alice.
Non me l’hanno fatta vedere per due mesi, potevano almeno farmi organizzare i suoi funerali».

E adesso?

«Chiedo giustizia.
L’autopsia ha stabilito che i segni sul corpicino non erano tutti di quella maledetta domenica.
Credo che l’orrore potesse essere evitato.
Me l’hanno ammazzata di botte.
Devono pagare».

Oggi è previsto l’ultimo saluto « all'angelo biondo che non c'è più », come la chiama l’avvocato Pomponi Tomei.

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«Deceduta per asfissia dovuta a strangolamento o soffocamento»

Lunedì notte Alice, 5 anni, arriva già morta all’ospedale Sant’Andrea, ha ecchimosi su tutto il corpo, della sua morte viene accusato Mauro Bronchi, 39 anni, il convivente della mdre.

All’inizio Mauro nega ogni responsabilità, ma la madre della bambina, Viviana Di Laura, lo accusa.

Ai carabinieri della compagnia Cassia racconta che l’uomo ha picchiato Alice perché piangeva, «è un violento», dice, «ha sempre picchiato anche me».

Mauro Bronchi viene arrestato con l’accusa di omicidio volontario, l’autopsia rivela che la bambina è morta «per asfissia meccanica violenta», e rivela pure che sul corpo della piccola ci sono segni di maltrattamenti che risalgono a giorni precedenti.

L’autopsia non ha ancora accertato se Alice sia stata strangolata o soffocata.

Sul torace i medici hanno rilevato anche uno schiacciamento dovuto a pressione, l’ipotesi è che la bimba sia stata tenuta ferma da un adulto che le ha premuto il ginocchio sul petto o le si sia disteso sopra.

E c’è un ultimo quesito che l’autopsia dovrà sciogliere, se la bambina ha subito abusi sessuali.

Bruno Ronchi fa le prime ammissioni: «La bambina piangeva, stava cadendo dalle mie braccia e per fermarla l’ho afferata per il collo».

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"Roma, «L’hanno ammazzata di botte, devono pagare» Parla il papà di Alice"
LIBERO - Edizione Nazionale - Venerdi 14 luglio 06

Ringraziamo la Redazione di Libero per aver accolto il messaggio di solidarietà di PapàSeparatiLombardia, rivolto al Papà Massimo Rossetti, a cui intendiamo sottoporre tutta la nostra attenzione nonchè il nostro eventuale supporto per l'assurda storia capitata.
Leggi la Pagina di Libero del 14.07.06
Ci sentiamo parte attiva in quello che è capitato ad Alice, perchè, la faciloneria e l'insensibilità delle Istituzioni, potrebbe domani toccare ai nostri figli. QUESTO NON DOBBIAMO E NON VOGLIAMO PERMETTERLO MAI PIU' !!

L'Associazione porta nel cuore di tutti i propri aderenti lo sconforto e l'amarezza di quanto è accaduto alla piccola Alice. Nei casi di adozione, prima che qualsiasi adulto riesca a mettere le mani su un minore, le procedure richiedono svariati anni al fine di appurare le condizioni psico-attitudinali dei richiedenti.
Nei casi di separazione i minori coinvolti, sono privati di qualsiasi tutela, e chiunque decida di convivere con il genitore affidatario/collocatario, riesce a mettere le mani sui nostri figli nel giro di pochissimo tempo. Cosi è accaduto alla piccola bambina di Roma che ha pagato con la propria vita insieme a quella del Papà.VORREMMO CHE QUESTA INSESIBILITà VENISSE P A G A T A DA QUALCUN'ALTRO!!!!!!!
Chiediamo che i nostri figli siano allontanati dalla faciloneria con cui molti genitori affidatari/collocatari, coinvolgono i minori in relazioni dannose per il loro stato psico-fisico.


RADIO CAPITAL - 06.07.06

BIMBA MORTA A ROMA: VICINI CASA PAGHERANNO SPESE FUNERALI

Saranno i vicini di casa e gli abitanti della borgata Finocchio a sostenere le spese per i funerali, previsti per domani, di Alice, la bimba di 5 anni deceduta all'ospedale Sant'Andrea di Roma nella notte tra domenica e lunedi. La procura ha concesso il nulla osta ma continua a portare avanti l'attivita' istruttoria vagliando con attenzione le dichiarazioni di Viviana Di Laura, madre della vittima. La donna, infatti, e' stata nuovamente sentita per oltre due ore dal pm Caterina Caputo che l'ha convocato come persona informata sui fatti. La Di Laura si e' fatta accompagnare in procura dall'avvocato Rossano Onorato. A palazzo di giustizia si e' presentato anche il padre naturale della bimba, Massimo Rossetti che, tramite il proprio legale, l'avvocato Alessandra Pomponi Tomei, ha potuto incontrare il procuratore aggiunto Italo Ormanni. Rossetti ha appreso della morte di Alice (attribuita a Mauro Bronchi, convivente della Di Laura, in carcere per omicidio volontario) dalla zia. L'uomo ha ricordato al magistrato che negli ultimi tre mesi, dopo essersi separato da Viviana, non ha piu' avuto modo di vedere la figlia. Esposti e denunce non hanno sortito alcun effetto. Da quando Viviana e il convivente erano andati ad abitare alla borgata Finocchio era diventato impossibile per lui mantenere ogni contatto con la ragazzina. La donna, per i magistrati, continua a rappresentare la principale testimone dell'accusa. Per l'avvocato Onorato, Viviana non era proprio in grado di opporsi ai modi violenti di Bronchi.

da http://www.capital.it/capital/notizie/ultimora/1626958

l'Associazione : Quest'uomo ha cercato in tutti i modi, rispettando la legge di tutelare sua figlia. Ma ogni tentativo non ha sortito alcun effetto. La Cultura che un minore ad ogni modo sta bene nelle mani della madre, è la cultura che oggi ha causato questa disgrazia. Qualcuno poteva fare qualcosa, ma nulla è stato fatto


Il MESSAGGERO di Venerdi 07/07/2006

Ascoltato in Procura insieme alla madre della bimba di 5 anni morta al Labaro. La donna: «Era strana, l’avevamo portata da un santone»
«L’hanno ammazzata di botte, devono pagare» Parla il papà di Alice:
«Non me l’hanno fatta vedere per due mesi, almeno fatemi fare il suo funerale»

di VALENTINA ERRANTE e PAOLA VUOLO - iL MESSAGGERO

I pianti e i capricci di Alice non erano uguali a quelli di tutti i bambini del mondo. Per la madre e per l’uomo che la bimba di 5 anni chiamava papà, Alice era una specie di indemoniata. Viviana Di Laura racconta anche questo. Interrogata per un’ora dal pm Caterina Caputo ieri ha detto di «essere soggiogata psicologicamente dal compagno e di non avere salvato Alice per paura». E ha aggiunto «Mauro Bronchi mi aveva convinto che il male si stava impossessando di mia figlia. L’abbiamo portata anche da un santone, una volta sola, volevamo farla esorcizzare e guarire, ma Alice ha continuato a piangere sempre».

Alice è stata uccisa dalla superstizione.

E mentre la madre e il nuovo papà la portavano dal santone, Massimo Rossetti, il papà di Alice, presentava esposti, perché non riusciva più a vedere la figlia.

Adesso non ha la forza di parlare.

«Me l'hanno ammazzata di botte e ora devono pagare».
Massimo Rossetti, non si rassegna all’idea che la sua bambina sia morta per le botte del compagno della madre. Si presenta in procura per chiedere giustizia, piange davanti al procuratore aggiunto Italo Ormanni.
Perché che qualcosa non andasse bene Rossetti lo aveva capito.
E aveva presentato anche un esposto chiedendo all’autorità giudiziaria di intervenire per consentirgli di incontrare la sua bambina.
Mauro Bronchi, il compagno della mamma di Alice, è in carcere per omicidio volontario.
Rossetti, 40 anni, accompagnato a piazzale Clodio dall’avvocato Alessandra Pomponi Tomei, parla tramite il legale.

Cosa era accaduto negli ultimi mesi?
«Non riuscivo più a vedere Alice, né a parlarle al telefono. Non la incontravo da quando la mia ex compagna conviveva con quell'uomo.
Per questo avevo presentato un esposto. Avevo parlato di questa situazione a un amico che lavora nella polizia. Ero preoccupato per lei.
E il 13 giugno fu lui a consigliarmi di chiamare il 113».

Cosa accadde?
« Una volante arrivò in via Magnano Riviera. I poliziotti bussarono alla porta. Intravidero soltanto Viviana con un occhio pesto. Gli fu detto che Alice dormiva. Io aspettavo per strada».

E cosa ha fatto allora?
«Il 20 giugno sono andato dai carabinieri. Ma alla caserma di viale Asia mi consigliarono di riflettere e non depositare la denuncia, rischiavo una controdenuncia per calunnia.
Il giorno dopo ho presentato un esposto in Procura. Esprimevo la mia preoccupazione: da tempo cercavo inutilmente di vedere la figlia.
Il comportamento della mia ex compagna era mutato. Era sparita, non si sapeva neppure dove abitasse. Chiedevo un intervento per incontrare la bambina».

Prima aveva buoni rapporti con la sua ex compagna?
«La relazione era iniziata nel 2000 e finita l'anno dopo. Fin quando Viviana non ha iniziato a frequentare Bronchi, circa due mesi fa, non c’erano problemi. Poi sono nate le incomprensioni, anche se ho continuato ad avere buoni rapporti con i genitori di Viviana. Neppure loro, dall'inizio di quella relazione, riuscivano ad avere contatti con Alice. Una situazione che ha fatto nascere dei sospetti. Una sorta di sesto senso».

Ma davvero non è riuscito neppure a organizzare il funerale della bambina?
« Ieri mattina sono andato al Gemelli per chiedere il nulla osta. Ma, beffa delle beffe, ci hanno risposto che era già stato concesso. E i funerali già organizzati dalla gente di Borgata Finocchio che si è tassata per dare l’ultimo saluto ad Alice. Non me l’hanno fatta vedere per due mesi, potevano almeno farmi organizzare i suoi funerali».

E adesso?
«Chiedo giustizia. L’autopsia ha stabilito che i segni sul corpicino non erano tutti di quella maledetta domenica. Credo che l’orrore potesse essere evitato. Me l’hanno ammazzata di botte.
Devono pagare».

Oggi è previsto l’ultimo saluto « all'angelo biondo che non c'è più », come la chiama l’avvocato Pomponi Tomei.


Corriere della Sera - 06.07.2006

Così è morta la piccola Alice: l'agghiacciante racconto di Bronchi:

«Indemoniata, l'ho presa per il collo»
L'autopsia sulla bambina parla di asfissia da soffocamento o strangolamento: la mamma è ancora testimone

ROMA - Mauro Bronchi, l'uomo di 39 anni accusato di aver ucciso con le sue mani la piccola Alice, 5 anni, figlia della sua convivente, resta in carcere. Il gip Luciano Pugliese ne ha convalidato ieri l'arresto al termine l'interrogatorio di garanzia, che si è svolto a Regina Coeli. Nel carcere, dove è stato sentito dalle 11.30 alle 14, Bronchi ha reagito con molti «non ricordo». Per l'«agitazione» in cui, a suo dire, era in preda la bambina quella sera è arrivato a chiamare in causa perfino il demonio. In mezzo a molti farfugliamenti, ha tentato di spiegare così quella domenica sera nell'appartamentino del Labaro. «La bambina era come posseduta dal demonio, piangeva e non voleva dormire, la madre l'ha stretta tra le braccia e forse per questo può averle provocato dei lividi, io gliel'ho tirata via dalle braccia prendendola per il collo...». E quella grossa ecchimosi scura che la bimba aveva sul collo chi gliel'ha procurata? «Non so, non ricordo... ». E gli altri lividi, in parte vecchi, dovuti a percosse precedenti? «Non ricordo, era una bimba molto vivace e cadeva spesso». E le accuse della convivente, che lo dipinge come un violento, sempre pronto a usare le mani? «Non ricordo, non capisco, non so...». Il suo avvocato, Luigi Parenti, ne parla come di uno poco lucido e affranto. «Forse non si rende neanche bene conto...».

Il quadro fornito dai medici legali del Gemelli, che ieri mattina hanno terminato l'autopsia poco dopo le 9, tuttavia non lascia scampo. La piccola Alice è morta per asfissia. Un'asfissia di tipo meccanico, provocata cioè da qualcosa che le ha impedito di respirare. Per i medici legali si tratta di un'asfissia da soffocamento oppure da strangolamento, come si potrebbe evincere da una grande ecchimosi riscontrata sul collo della bimba. I lividi, tra vecchi e nuovi, parlano di un abuso lungo e continuato. Oltre allo schiacciamento del torace, che è stato rilevato durante l'esame autoptico, i medici legali con l'aiuto della Tac hanno effettuato uno screening completo di questi innumerevoli «segni» restati sul corpicino. Ecchimosi che sono databili dalla metà di giugno in qua, alcune legate all'ultima settimana di vita, altre risalenti man mano a un massimo di venti giorni prima, tutte per probabili maltrattamenti e percosse prolungati nel tempo. La Tac le ha rivelate in molte parti del corpo, in particolare sul torace e sulle braccia (ne sono esenti solo dorso e gambe). Alcune ecchimosi figuravano perfino sulle guance, sul volto della bella Alice, bionda e riccioluta. È mai possibile che al Labaro nessuno le abbia mai notate? Neanche quella stessa domenica sera quando la bimba è stata portata dal convivente e dalla madre alla Festa dell'Unità? E come mai la madre, che ha cercato a lungo di difendere il convivente anche nelle ore successive alla morte della figlioletta, è considerata dalla procura solo una vittima?

Paolo Brogi
Lavinia Di Gianvito

L'Assocazione dice: Le pratiche per una adozione sono volte a verificare l'integrita mentale della coppia richiedente, mentre nessuna verifica viene effettuata sull'estraneo, al nucleo famigliare, imposto dal genitore collocatario dei figli delle coppie separate. Molti padri denunciano nei tribunali lo stato di disagio dei propri figli con il soggetto estraneo al nucleo famigliare, ma queste segnalazioni vengono sempre accantonate con la scusa che ogni genitore deve rifarsi una vita (il Tribunale di Milano ribadiva questo concetto il 05.07.06 ad un nostro socio) , in questo caso anche a scapito della morte di un minore.


Notizia Corriere della Sera - 04.07.06

La madre accusa il convivente, che è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario. Sul corpo della bimba c'erano numerosi lividi

ROMA - L'hanno trovata su un tavolo di casa, piena di lividi. Trasportata al vicino ospedale Sant'Andrea, è arrivata al pronto soccorso in condizioni disperate ed è deceduta poco dopo. La vittima è una bambina di 5 anni, morta per arresto cardio-circolatorio. A chiamare l'ambulanza la madre e il suo convivente, che in un primo momento avevano affermato che la bimba era caduta dal lettino. Successivamente la donna ha accusato l'uomo, che non è il padre della bimba, di aver percosso la piccola fino a farle perdere conoscenza. La donna ha raccontato inoltre agli inquirenti di essere a sua volta vittima del suo convivente che più volte avrebbe malmenato anche lei.

ARRESTATO IL CONVIVENTE - Mauro Bronchi, 38 anni, è stato poi fermato con l'accusa di omicidio volontario. Il fermo è stato disposto al termine di un interrogatorio disposto dal pm Caterina Caputo. L'uomo, disoccupato, in passato aveva lavorato come assicuratore.

ECCHIMOSI VECCHIE E NUOVE - La piccola si trovava già in arresto cardiaco nel momento in cui i sanitari del 118 l'hanno prelevata e trasportata in ospedale. Intubata e sottoposta a numerosi trattamenti di rianimazione, non è riuscita a superare la crisi. Sul suo corpo, riferiscono fonti sanitarie dell'ospedale romano, numerosissime ecchimosi, alcune fresche, altre di vecchia data, presumibilmente il segno di diverse e ripetute percosse. Ancora non è dato sapere se i lividi possano essere ricollegabili o meno alla causa della morte. Ad accertarlo sarà l'autopsia che sarà disposta entro le 24 ore. Sarebbe stata anche legata prima di essere colpita violentemente, forse con un corpo contundente. È quanto è emerso dall'esame esterno compiuto sul cadavere. In particolare, sulle braccia della bambina sarebbero stati notati segni dai quali si deduce che sia stata legata. Non è escluso che ci siano anche delle fratture. Sarà comunque l'autopsia, in programma martedì mattina, a fare luce sulla morte della piccola.

RICOSTRUZIONE - Sono stati proprio i due trentenni romani, disoccupati, a chiamare nel corso della notte il 118. La coppia ha riferito inizialmente ai carabinieri che la bambina era caduta in casa. Un racconto pieno di contraddizioni, il loro. Per questo sono stati sottoposti ad interrogatorio da parte del pubblico ministero Caterina Caputo della procura di Roma. Fino alle accuse lanciate dalla madre nei confronti del suo convivente. La procura indaga adesso per omicidio volontario.

Dice L'Associazione : viene sottratta la genitorialità al padre, per consuetudine culturale, senza mai indagare sull'estraneo che di fatto la genitorialità la esercita sui nostri figli. I fautori di questa cultura, dinanzi a casi, come quello succitato, rimangono impuniti.

NOI NON RICONOSCIAMO ALLO STATO ITALIANO IL DIRITTO DI DIRCI QUANTO E QUANDO STARE CON I NOSTRI FIGLI, COSI COME NON RICONOSCIAMO IL DIRITTO DELLO STATO DI CONSENTIRE, CON TROPPA LEGGEREZZA, LA PERMANENZA DEI NOSTRI FIGLI CON PERSONE ESTRANEE AL LORO NUCLEO FAMIGLIARE

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